La Città del Sole di Tommaso Campanella
Dovettero passare quasi cent'anni dalla prima edizione dell'Utopia, prima che il "socialismo utopistico" osasse accogliere e riempirsi di principi sempre più radicali, sul tipo di quelli che erano già presenti nell'ideologia socialista dell'antichità e nei movimenti ereticali. Questo salto avvenne con la famosa opera di Campanella.
Campanella visse tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. Fino a 34 anni fu domenicano, venne poi arrestato e restò ventisette anni in prigione. Passò il resto della vita in Francia. Campanella fu filosofo, pensatore religioso, poeta. Prima di Bacone proclamò il carattere empirico della scienza, difendendo la sua indipendenza dall'autorità della Chiesa, e sostenendo Galileo Galilei (dal carcere dell'Inquisizione!). Nel campo della teoria della conoscenza s'occupò del rapporto tra le sensazioni soggettive della coscienza umana e la verità oggettiva. Alcune sue idee in proposito furono poi sviluppate da Kant. Alcune sue teorie religiose sulla comunione di tutte le cose con Dio tendevano al panteismo.
Nel 1597 Campanella organizzò in Calabria una congiura contro gli spagnoli che occupavano il paese. La cospirazione fallì e nel 1599 Campanella fu arrestato e torturato; nel 1602 lo condannarono al carcere a vita. Fu proprio in prigione, nel 1602, che scrisse la sua Città del Sole.
Lo stesso titolo Città del Sole (Civitas soli) richiama l'opera di sant'Agostino La città di Dio (Civitas dei). L'opera è scritta in uno stile severo, senza abbellimenti come avventure straordinarie in paesi esotici. La forma è quella di un dialogo tra interlocutori che non sono nemmeno citati per nome: l'Ospitalario (probabilmente il gran maestro dell'Ordine degli Ospitalieri), e il Nocchiero di cui si sa soltanto che è genovese. Il dialogo inizia ex abrupto con queste parole dell'Ospitalario: "Dimmi di grazia tutto quello che t'avvenne in questa navigazione" (262). Il Nocchiero risponde che su un'isola dell'Oceano Indiano ha trovato la Città del Sole e ne descrive la vita.
Il sistema politico della Città ricorda esternamente la teocrazia; chi regge il governo: "E' un principe sacerdote che s'appella Sole, e in lingua nostra si dice Metafisico" (263). Questa strana traduzione: Sole-Metafisico non è casuale. Il carattere dell'attività del sacerdote Sole si adatterebbe molto di più al vertice di una gerarchia tecnocratica. Questa funzione è espletata dal più dotto tra gli abitanti della città, che deve conoscere "tutte l'istorie delle genti e riti e sacrifizi e repubbliche e inventori di leggi e arti" (264); deve conoscere inoltre tutte le arti meccaniche, tutte le scienze matematiche, fisiche e astrologiche; ma soprattutto deve conoscere la metafisica e la teologia. Egli occuperà la sua carica finché "non si trova chi sappia più di lui e sia più atto al governo" (265).
Accanto al Metafisico operano tre collaboratori: Pon, Sin e Mor, che rappresentano Potestà, Sapienza e Amore. Tra loro è distribuito il governo delle principali sfere di vita. Questa suddivisione ci ricorda a volte per la sua originalità Orwell. Ad esempio l'Amore non controlla solo l'unione fra uomo e donna (di cui parleremo in seguito), ma anche "del seminare e raccogliere li frutti, delle biade, delle mense e d'ogni altra cosa pertinente al vitto e vestito e coito" (266).
Il Metafisico si consiglia con questi tre collaboratori ma in tutte le questioni importanti la sua decisione è risolutiva. Ci sono poi numerosi responsabili nominati dai quattro vertici o da altri membri dell'amministrazione. Esiste anche un Consiglio cui partecipano tutti i cittadini al di sopra dei vent'anni, ma la sua funzione è solo consultiva. Il Consiglio sceglie i candidati ai vari uffici, che vengono poi confermati dai responsabili e dai quattro capi. In questo quadro rimane una frase non chiara: "Questi offiziali si mutano secondo la volontà del popolo inchina", priva di spiegazione (267).
Alla base del sistema sociale è posta la comunanza della vita, sul cui adempimento veglia l'amministrazione.
"Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e gli onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna. Dicono essi che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l'amor proprio" (268).
Secondo l'autore lo spirito comunitario entra in contraddizione con molti altri aspetti dei rapporti interpersonali: "E credo che li preti e monaci nostri, se non avessero li parenti e li amici, o l'ambizione di crescere più a dignità, seriano più spropriati e santi [...]" (269); "[...] tutto hanno del commune, e molto guardano gli offiziali, che nullo abbia più che merita. Però quanto è bisogno tutti l'hanno" (270); "Sono prima le stanze communi, dormitori, letti e bisogni; ma ogni sei mesi si distinguono dalli mastri, chi ha da dormire in questo girone o in quell'altro [...]" (271).
Gli abitanti della città mangiano tutti insieme "come in refettorio di frati", però "gli offiziali hanno miglior parte" (272) di cui distribuiscono un poco ai ragazzi che si sono distinti nello studio.
La produzione si fonda sul lavoro obbligatorio per tutti "e non tengono schiavi", anche se più oltre si dice: "però vendono quelli che pigliano in guerra, o li mettono a cavar fosse o far esercizi faticosi fuor della città" (273).
Tutti sono obbligati a lavorare quattro ore al giorno. L'autore crede come More che stante l'obbligo generale al lavoro quattro ore siano sufficienti a produrre ciò che è necessario allo Stato. Ma qui s'intende esclusivamente il lavoro fisico, perché più avanti è detto: "[...] tutto il resto è imparare giocando, disputando, leggendo […]" (274); evidentemente il lavoro scientifico non è compreso nelle quattro ore.
Il carattere assoluto degli obblighi lavorativi salta all'occhio in una descrizione: "Di più questo è bello, che fra loro non ci è difetto che faccia l'uomo ozioso, se non l'età decrepita, quando serve solo per consiglio. Ma chi è zoppo serve alle sentinelle con gli occhi; chi non ha occhi serve a carminar la lana e a levar il pelo dal nervo delle penne per li matarazzi, chi non ha mani, ad altro esercizio, e se un membro solo ha, con quello serve nelle ville, e son governati bene, e son spie che avvisano alla repubblica ogni cosa" (275).
I solari lavorano in squadre al comando di un superiore."[...] e li mastri d'ogni squadra, cioè caporioni, decurioni, centurioni sì delle donne come degli uomini [...]" sono, dopo il consiglio dei quattro, l'anello successivo in cui si articola l'amministrazione della città. In campo giuridico "perché sempre stanno accompagnati quasi, ci vuole cinque testimoni a convincere, se non sì libera col giuramento il reo" (276). Questo ci fa capire che l'organizzazione in squadre si prolunga anche dopo il lavoro. In ogni modo la vita dei solari è regolamentata in ogni istante, per esempio durante il riposo sono vietati i giochi sedentari.
L'uniformazione della vita va ancora oltre. Uomini e donne indossano abiti quasi uguali, che si distinguono solo per la diversa lunghezza. Vengono prestabiliti anche il colore e la foggia degli abiti che vanno indossati in città e fuori; e anche il tempo in cui si devono cambiare e lavare gli abiti è fisso. Violare queste prescrizioni è considerato un peccato gravissimo: "Però è pena della vita imbellettarsi la faccia, o portar pianelle, o vesti con le code per coprir i piedi di legno" (278).
Con la stessa precisione sono regolamentate le feste e l'arte."[...] e li poeti cantano le laudi delli più virtuosi. Ma chi dice bugia in laude è punito; non si può dir poeta chi finge menzogna tra loro" (279).
Il controllo statale è ancora più stretto per quanto riguarda i rapporti sessuali: "[...] la generazione è osservata religiosamente per ben pubblico, non privato, ed è bisogno stare al detto dell'offiziali" (280).
La procreazione è paragonata all'allevamento del bestiame: "[...] ha cura della generazione, con unir li maschi e le femine in modo che faccin buona razza; e si riden di noi che attendemo alla razza de cani e cavalli, e trascuramo la nostra" (281); "[...] e non accoppiano se non le femine grandi e belle alli grandi e virtuosi" [282]. Sono i funzionari, i capisquadra, gli astrologi e i medici a decidere gli accoppiamenti e la loro frequenza. L'accoppiamento vero e proprio avviene sotto il controllo di un addetto; a questo proposito vengono fornite una serie di regole che non staremo a ripetere. Il rapporto fra i sessi non ha solo lo scopo della perpetuazione della specie, ma anche quello di soddisfare le necessità puramente fisiologiche. Per questo in caso di estrema necessità agli uomini è concesso d'unirsi con donne sterili o incinte, al di fuori quindi d'ogni intenzione procreatrice. Tuttavia è necessario il permesso straordinario del "maestro maggiore", e su raccomandazione di due funzionari di quel settore, che controllano ininterrottamente questa attività. Se le donne poi "non concepino con uno, le mettono con altri; se poi si trova sterile, si può accomunare, ma non ha l'onor delle matrone [...]" (283).
Non occorre dire che l'educazione dei bambini è nelle mani dello Stato. "Dopo si smamma la prole, e si dona in guardia delle mastre, se son femine, o delli mastri" (284). Anche i ragazzi vengono istruiti a squadre. "Alli sette anni si donano alle scienze naturalí, e poi all'altre, secondo pare agli offiziali, e poi si mettono in meccanica. Ma li figli di poco valore si mandano alle ville e, quando riescono, poi si riducono alla città" (285). Infine l'istruzione termina e il giovane è pronto a espletare le mansioni che gli verranno affidate: "[...] e quelli poi diventano offiziali di quella scienza, dove miglior profitto fanno, o di quell'arte meccanica, perché ognuno ha il suo capo" (286).
In questo tipo di società naturalmente non esistono legami di parentela. "E tutti li giovani s'appellan frati e quei che son quindici anni più di loro, padri e quindi meno, figli. E poi vi stanno l'offiziali a tutte cose attenti, che nullo possa all'altro far torto nella fratellanza" (287).
Quest'ultima frase dimostra che per mantenere la vita comunitaria nello Stato del Sole non è stato sufficiente abolire la famiglia, la proprietà privata, il lavoro indipendente e la libertà creativa. Campanella stesso lo riconosce apertamente, e descrive nei particolari un sistema punitivo che cementa il regime sociale dei solari. Per loro esiste il delitto "d'ingratitudine, di malignità, quando uno non vuol far piacere onesto, di bugia, che aborriscono più che la peste; e questi rei per pena son privati della mensa comune, o del commerzio delle donne, e d'alcuni onori" (288).
I sodomiti sono condannati a indossare un abito infamante, ma se il delitto si ripete c'è la pena di morte. "Ma quando occorre caso ingiurioso, l'omicidio si punisce con morte, e occhio per occhio, naso per naso si paga la pena della pariglia" (289).
Le mancanze in guerra sono punite con particolare severità: "[...] chi fu il primo a fuggire non può scampar la morte, se non quando tutto l'esercito domanda in grazia la sua vita, e ognuno piglia parte della pena. Ma poco s'ammette a tal indulgenza, si non quando ci è gran ragione. Chi non aiutò l'amico o fe' atto vile, è frustato; chi fu disobediente, si mette a morire dentro un palco di bestie con un bastone in mano, e se vince i leoni e l'orsi, che è quasi impossibile, torna in grazia" (290).
E' molto interessante imbattersi così presto nell'idea che si debba offrire all'accusato tutta l'apparenza del diritto per dare un'ombra di legalità alla condanna!
Potere giudiziario e amministrativo sono tutt'uno: "ognun è giudicato da quello dell'arte sua; talché ogni capo dell'arte è giudice, e punisce d'esilio, di frusta, di vituperio, di non mangiar in mensa comune, di non andar in chiesa, non parlar alle donne" (291).
Non esistono carnefici di professione: "E nessuno può morire, se tutto il popolo a man commune non l'uccide; ché boia non hanno, ma tutti lo lapidano o brugiano [...]". "E tutti piangono e pregano Dio, che plachi l'ira sua, dolendosi che siano venuti a resecare un membro infetto della dal corpo della republica; e fanno di modo che esso stesso accetti la sentenza, e disputano con lui fin tanto che esso, convinto, dica che la merita; ma quando è cosa contra la libertà o contra Dio o contra gli offiziali maggiori, senza misericordia si eseguisce" (292).
Le punizioni fanno parte dell'educazione dei cittadini: "E le condanne son certe vere medicine, più che pene, e di soavità grande" (293).
La religione di Stato è quella del sole: "Nulla creatura adorano di latria, altro che Dio, e però a lui serveno solo sotto l'insegna del sole, ch'è insegna e volto di Dio, da cui viene la luce e '1 calore e ogni altra cosa. Però l'altare è come un sole fatto, e li sacerdoti pregano Dio nel sole e nelle stelle, com'in altari, e nel cielo, come tempio [...]" (294).
Più concretamente queste credenze hanno due sbocchi pratici. In primo luogo trattandosi di una religione di Stato, si fa coincidere la direzione statale con il servizio sacerdotale. Per questo il capo dello Stato è anche gran sacerdote, e siccome si chiama Sole è evidente che sia considerato l'incarnazione del Dio. "Sommo sacerdote è Sole; e tutti gli offiziali son sacerdoti, parlando delli capi, ed offizio loro è purgar le conscienze. Talché tutti si confessano a quelli, ed essi imparano che sorti di peccati regnano" (295). In tal modo tutto il potere, amministrativo, sacerdotale e giudiziario, viene a concentrarsi nelle stesse mani.
D'altro canto la religione del Sole è in sostanza il culto dell'Universo, razionalisticamente inteso come meccanismo ideale. Si tratta, in altri termini, di una sintesi tra religione e scienza razionalista (con un'inclinazione per l'astrologia). Abbiamo visto infatti che l'appellativo di Sole del sommo sacerdote viene tradotto con "Metafisico", e il suo alto ufficio è conferito in ragione delle enormi conoscenze scientifiche.
L'identica impressione ci viene dalla descrizione del tempio del sole che sorge al centro della città, esso somiglia di più a un museo di scienze naturali che non a una chiesa. "Sopra l'altare non vi è altro ch'un mappamondo assai grande, dove tutto il cielo è dipinto, e un altro dove è la terra. Poi sul cielo della cupola vi stanno tutte le stelle maggiori del cielo, notate coi nomi loro e virtù, c'hanno sopra le cose terrene [...]". "Vi è sopra la cupola una banderuola per mostrare i venti, e ne signano trentasei" (296).Questa banderuola occupa evidentemente il posto della croce nelle chiese cristiane. Si ha l'impressione che in tutta l'opera di Campanella affiorino note d'ostilità sia verso il cristianesimo che verso la Chiesa cattolica, con uno spirito molto vicino a quello delle sette eretiche. Queste annotazioni si presentano sotto forma di allusioni, molto caute tra l'altro, il che però non deve sorprendere dato che la Città del Sole fu scritta da Campanella nel carcere dell'Inquisizione. Così sotto l'elenco dei pesci rari raffigurati sulle mura della città, si cela un attacco polemico: si parte dal pesce-vescovo, per finire con il pesce-membro virile. Lo stesso vale per il passo che segue: "Non si atterrano li corpi morti, ma si bruggiano per levar la peste e per convertirsi in fuoco, cosa tanto nobile e viva, che vien dal sole e a lui torna, e per non restar sospetto d'idolatria" (297). Quest'ultima frase è chiaramente diretta contro il culto delle reliquie. In tutto il passo si nota un interessante tentativo (alquanto precoce per il tempo) di opporsi al rito cristiano sulla base di argomenti esclusivamente sanitari.
Anche la seguente osservazione ironica è indirizzata contro il cristianesimo: "Finalmente dicono ch'è felice il cristiano, che si contenta di credere che sia avvenuto per il peccato d'Adamo tanto scompiglio" (298). In queste frasi è mascherata una concezione gnostica: "Dissero anco che può essere che governi qualche inferior Virtù, e la prima lo permetta, ma questo pur lo stimano pazzia" (299).
Non a caso, per altro, Gesù Cristo è raffigurato sulle mura della Città assieme agli "inventori delle leggi e delle scienze e dell'armi", sia pure "in luoco assai onorato" (300), accanto a Mosè, Osiride, Giove, Mercurio, Maometto ecc.
Pochi anni dopo la Città del Sole, Campanella scrisse un'altra opera Lo Stato migliore, in cui controbatte le critiche suscitate dalla Città del Sole. In particolare sostiene la comunanza dei beni, portando ad esempio la comunità apostolica, e la comunanza delle donne (con grande cautela però, citando alcuni Padri della Chiesa). E' particolarmente interessante il passo in cui sostiene che la possibilità di un governo siffatto è confermata dall'esperienza: "Lo hanno dimostrato, fra l'altro, anche i monaci, e ora gli anabattisti che vivono in comunità; se essi avessero giusti dogmi di fede, riuscirebbero ancor meglio in questo. Oh se non fossero eretici e compiessero la giustizia come noi predichiamo loro, diverrebbero modello di questa verità".
La legge della libertà, di Gerard Winstanley
Nel capito precedente abbiamo parlato del movimento socialista dei diggers durante la rivoluzione inglese, e abbiamo citato le opere del teorico più in vista di questo movimento, Winstanley. La legge della libertà è certamente la redazione più completa ed elaborata delle sue idee. Quest'opera rientra nella categoria delle "utopie", e contiene un piano elaborato sin nei dettagli di una nuova società, prevalentemente basata su principi socialisti.
La legge della libertà fu pubblicata nel 1652.Si apre con un indirizzo "all'eccellentissimo Oliver Cromwell, generale dell'armata repubblicana inglese", nel quale l'autore ricorda a Cromwell che, a dispetto della vittoria della rivoluzione e dell'esecuzione capitale del re, la situazione del popolo minuto non è affatto migliorata, dato che è sempre oberato di tasse, alla mercè di ricchi, avvocati e preti. La promessa di "distruggere alla radice tutto il clero, l'episcopato e la tirannide" non è stata realizzata". A che scopo abbiamo combattuto?" chiedono molti ex soldati. E Winstanley conclude invitando Cromwell a concedere la vera libertà al popolo oppresso. L'opera sostiene che l'autentica libertà consiste nel libero uso dei frutti della terra: "Per l'uomo sarebbe meglio non avere il corpo, che non avere il cibo per sostenerlo" (301).
Più in concreto la libertà si esplica nel libero uso della terra. E' a causa della terra che i re fanno le guerre, che i preti predicano, che i ricchi opprimono i poveri; e questa "servitù esteriore" genera la "servitù interiore": "La schiavitù dello spirito come l'avidità, la superbia, l'ipocrisia, la sfiducia, la paura, la disperazione e la pazzia, sono generate dalla schiavitù esteriore che alcuni uomini impongono ad altri" (302).
Basandosi su questa concezione materialistica della società, Winstanley traccia il piano di un nuovo regime sociale che abolisce lo sfruttamento individuale della terra, facendo di conseguenza scomparire sia la schiavitù "esteriore" che quella "interiore". Il principio guida nella edificazione di questa società è la sottomissione degli interessi privati a quelli comuni: "Esistono soltanto libertà e schiavitù; l'interesse individuale e quello comune, e chi favorirà l'introduzione degli interessi privati in una repubblica libera sarà immediatamente scoperto e cacciato come uno che voglia restaurare la schiavitù monarchica" (303).
Concretamente ciò si traduce nell'abolizione della proprietà privata della terra, del commercio e del denaro. La terra sarà coltivata da singole grandi famiglie agli ordini e sotto la sorveglianza di funzionari statali. Gli utensili sono in dotazione della famiglia stessa ma non come sue proprietà, bensì come un bene affidato dallo Stato, della cui buona conservazione risponderà personalmente il capofamiglia. I cavalli vengono distribuiti dallo Stato; i frutti del raccolto vengono consegnati nei magazzini di Stato.
Nell'identica situazione si trovano gli artigiani, che ricevono le materie prime dallo Stato, e consegnano poi i prodotti finiti. Il lavoro può essere familiare o svolgersi in laboratori comuni. I cittadini possono essere trasferiti dall'amministrazione da una famiglia all'altra a seconda della necessità di braccia e delle capacità di ciascuno.
Oltre ai cittadini liberi, lavorano anche quei cittadini che il tribunale ha privato della libertà, e che a volte Winstanley chiama schiavi. Il loro lavoro è lo stesso dei liberi, salvo il fatto che è più pesante. Un funzionario detto "guardiano" ha il compito di vegliare su di essi.
"Se essi adempiranno le norme il guardiano consegnerà loro abbastanza cibo e abiti perché si conservino sani. Ma se daranno prova di disperazione, leggerezza e pigrizia e non si e non si piegheranno docilmente alla legge, il guardiano gli destinerà cibo scarso e li batterà con la frusta, perché 'la verga è sempre pronta per la schiena degli sciocchi' fino a che i loro cuori superbi non si piegheranno alla legge". "E se qualche trasgressore fugge, si farà sapere dappertutto e sarà condannato a morte dai giudici, quando sarà ripigliato" (304).
Se i parenti del colpevole sono innocenti, non diverranno automaticamente schiavi. Lo scopo della schiavitù è di rieducare i cittadini corrotti: "Ma che scopo persegue? Quello di distruggere la loro presunzione e la loro stoltezza, perché diventino uomini utili alla repubblica" (305).
Tutto ciò che è indispensabile al cittadino viene attinto liberamente e gratuitamente dai magazzini statali. Qui nasce però una difficoltà: "Effettivamente l'avido, il presuntuoso, l'uomo simile alla bestia vorrà di più, sia per contemplare i suoi beni, sia per sprecarli e rovinarli come gli piace mentre i suoi fratelli vivranno nel bisogno a causa della scarsità dei beni. Ma le leggi e i funzionari integerrimi della libera repubblica regoleranno gli atti insensati di gente del genere" (306).
Così, conformemente alla legge, il padre di una famiglia che consuma più del dovuto viene dapprima punito con un'ammonizione pubblica, poi con la schiavitù per un periodo determinato. Con lo stesso sistema è risolta anche un'altra difficoltà ovvero come si può indurre tutti a lavorare il tempo necessario e con la necessaria produttività quando non vi è alcun interesse materiale a farlo? Il cittadino che si rifiuta di compiere il lavoro affidatogli, o il giovane che non apprende con profitto il mestiere destinatogli sono puniti da principio con un'ammonizione pubblica, poi con la frusta e se non basta con la schiavitù.
La famiglia è contemporaneamente l'unità produttiva e amministrativa di base dello Stato. Suo capo è il "padre", o "padrone". "In ciascuna famiglia il padre o padrone è l'ufficiale responsabile" (307). Rispetto agli altri membri della famiglia: "Egli deve distribuire il lavoro, sorvegliarne l'esecuzione senza permettere che vivano nell'ozio. Deve riprendere o con le parole o con la frusta i ribelli, poiché la verga dev'essere pronta a ricondurre alla ragione e al ritegno gli irragionevoli" (308).
A quanto pare i legami di parentela non hanno poi grande importanza nella famiglia: il "padre" può essere destituito per indegnità e sostituito da un'altra persona, mentre i restanti membri possono essere trasferiti in altre famiglie in caso di necessità.
A partire dalla famiglia, lo Stato poggia su unità sempre più grandi, guidate da funzionari, di cui Winstanley fa l'elenco, Riporteremo solo quelli che riguardano l'unità successiva alla famiglia, cioè la parrocchia, la località o la città: pacificatore, sezione di quattro sorveglianti, soldato, guardiano dei lavori, boia. Il pacificatore è tenuto a scuotere la coscienza dei trasgressori, o a consegnarli nelle mani dei giudici. I sorveglianti sono preposti alla produzione e ai consumi delle famiglie. Per quanto riguarda i soldati poi l'autore dice che "in realtà tutti i funzionari statali sono soldati" (309). La funzione del soldato allora consisterebbe propriamente nel dare un aiuto ai funzionari e nel difenderli durante eventuali disordini. Il guardiano conduce ai lavori forzati i condannati (gli schiavi). Il boia deve "tagliare le teste, impiccare, fucilare o frustare i perturbatori secondo il dettato della legge" (310).
A partire da questi gradi inferiori fino ai funzionari di grado più elevato, tutte le cariche sono elettive e durano un anno. A capo del paese c'è un parlamento anch'esso rieletto annualmente. Possono votare i cittadini sopra i vent'anni, possono venire eletti i cittadini sopra i quaranta. Tuttavia sono in molti a essere privati del diritto elettorale sia passivo che attivo. "Tutte le persone antisociali come gli alcolizzati, gli attaccabrighe, quelli smisuratamente ignoranti, quelli che temono di dire la verità per non irritare gli altri, come pure quelli che si dedicano solo ai piaceri e allo sport, i chiacchieroni e tutta la gente di quella sorta, è incapace di cogliere l'essenza della vita, e non può nemmeno essere gente navigata, di conseguenza non sono adatti a essere eletti a qualche ufficio nella repubblica, anche se possono partecipare alle elezioni" "[…] tutti coloro che hanno interesse alla monarchia non possono né eleggere né essere eletti" (311).
Allo stesso modo "quelli che hanno contribuito a mantenere l'esercito reale, o che furono soldati di quell'armata combattendo contro l'instaurazione della libertà comune" (312), come pure "tutti coloro che si sono affrettati a comprare e vendere le terre della repubblica raggirandola così in un nuovo modo [...]" (313) "sono gente avida, che non teme Dio, e il loro destino è d'essere cacciati dalla città e abbandonati ai cani" (314).
In precedenza, agli inizi del movimento dei diggers, Winstanley si era dichiarato nemico della violenza e del potere statale. Egli pensava che la legge fosse necessaria finché fosse esistita la maledizione della proprietà privata, ma che una volta che si fosse rinunciato a questa e instaurato un regime di giustizia e comunità la legge fosse del tutto superflua. Nella sua Lettera a Lord Fairlax e al suo consiglio di guerra, scrisse: "Vi abbiamo detto che noi non siamo per principio contro tutto ciò che è governato da funzionari e leggi, per parte nostra noi non abbiamo bisogno di nessun tipo di governo". "Sappiamo che nessuno di quelli che obbediscono a questa giusta legge oserà arrestare o asservire suo fratello [...]" (315).
Seguendo la logica di tutti i movimenti di questo tipo, Winstanley nella sua Legge della libertà, pubblicata tre anni più tardi, ammette tranquillamente che nel suo progetto statale si possa arrestare o asservire (nient'affatto in senso figurato) il fratello. Nella sua opera troviamo un sistema punitivo molto elaborato. "Chi colpisce il suo vicino riceverà dal boia colpo su colpo, e perderà occhio per occhio, dente per dente, arto per arto. Questo serve perché l'uomo si preoccupi dell'altrui persona, comportandosi nel modo in cui vorrebbe che gli altri si comportassero con lui" (316).
L'ingiuria ai funzionari viene punita con maggiore severità: per ogni colpo si commina un anno di lavori forzati.
"Chi cercherà di suscitare discordie tra i vicini con calunnie e maldicenze" verrà condannato all'ammonizione, alla frusta, ai lavori forzati a vita, se non si redime (317). Il rifiuto di collaborare con i guardiani viene pure punito con i lavori forzati, cui viene condannato anche chi tenta di vendere o comprare qualcosa. Se però la transazione riguarda la terra la pena è quella di morte; se qualcuno dirà che la terra è sua verrà messo alla gogna, e se bestemmierà sarà giustiziato.
Il regime ha il suo sostegno nell'esercito, che si divide in due parti: i comandanti e i combattenti. Nella prima sezione tutti i funzionari sono ufficiali, mentre il popolo dà i soldati semplici. "L'armata combattente della repubblica è designata o impiegata per sopprimere chiunque insorga a distruggere le libertà della repubblica" (318).
L'esercito deve difendere lo Stato da "sollevazioni e sedizioni di funzionari egoisti o del popolino, o di qualsiasi insensato che voglia minare la pace comune" (319). Un altro compito consiste nell'opporsi al nemico straniero, e infine funzione dell'esercito è quella d'instaurare lo stesso regime in altri paesi: "[...] se qualche altro paese sarà conquistato e sottomesso come l'Inghilterra fu sottomessa dai suoi re e dalle loro leggi predatorie, allora bisognerà costituire un esercito nel massimo segreto per sollevare e liberare quel paese, perché la terra diventi appannaggio comune di tutti i suoi figli" (320).
Abbiamo potuto vedere che sotto molti aspetti le concezioni socialiste di Winstanley sono molto più moderate di quelle del suo predecessore More, e ancor di più di Campanella. Viene abolita soltanto la proprietà privata della terra, dei prodotti del lavoro e in parte di quelli che in seguito saranno chiamati "mezzi di produzione"; non si parla invece di comunanza delle donne o di educazione sociale dei bambini. Più volte nella sua opera Winstanley critica le posizioni più radicali, in chiara polemica con altri movimenti più estremisti.
Nel capitolo intitolato: "Breve avvertimento contro le false opinioni", l'autore dice: "Alcune persone, sentendo parlare di libertà universale, ne deducono che saranno messi in comune tutti i frutti della terra [...]", "altri, a causa della stessa irragionevole ignoranza, credono che ci sarà la comunanza delle donne e degli uomini, e intendono così vivere come gli animali" (321). Ma l'autore ribatte: "No, anche se la terra e i magazzini saranno comuni a tutte le famiglie, tuttavia ogni famiglia vivrà separatamente com'è ora. La casa, la moglie, i figli, mobilio e suppellettili, tutto ciò che riceve dai magazzini e che si è procurato per le necessità della sua famiglia sarà proprietà della sua famiglia, per la sua pacifica sussistenza" (322).
Le leggi devono tutelare il cittadino da tutti coloro che professano "false opinioni", e devono punire "la condotta di gente ignorante e incosciente".
Ma in un campo Winstanley è andato molto più in là di More e Campanella, si tratta della religione. La freddezza di questi ultimi verso la religione e la Chiesa, la tendenza al panteismo e alla divinizzazione del "meccanismo dell'Universo" si trasformano in Winstanley in un'aperta ostilità verso la Chiesa che sfocia poi nella sostituzione totale della religione con una morale e una scienza razionalistiche. Per lui la religione contemporanea ha l'unico scopo di aiutare i ricchi a sfruttare i poveri: "Questa dottrina divina che voi dite spirituale e celeste non è altro che rapina e brigantaggio" (323) "[...] questa dottrina serve a mascherare la politica astuta del fratello maggiore che vuole impadronirsi della terra"; "chi predica questa santa dottrina è colpevole dell'assassinio di molte anime semplici e timide". "Di conseguenza questa santa dottrina spirituale è una truffa perché mentre gli uomini guardano al cielo e sognano la beatitudine o temono l'inferno dopo la morte, gli cavano gli occhi perché non vedano dove sono finiti i loro diritti naturali e cosa devono fare qui su questa terra" (324).
Ma la fine di questa illusione è prossima, profetizza l'autore: "E tutti i preti, ecclesiastici e predicatori di queste cose spirituali e celesti, come le chiamano, leveranno i gemiti che sono loro riservati in sorte: guai, guai, o grande Babilonia, potente città di Dio che hai riempito tutta la terra dei tuoi clamori e seduci tutti i popoli, così che tutto il mondo si è inchinato alla bestia. Come è potuta cadere, e come si è compiuto il giudizio in una sola ora? E così di seguito potrete leggere nell'Apocalisse di Giovanni, 18, 10" (325).
Nella società futura descritta da Winstanley, i sacerdoti saranno eletti ogni anno come qualsiasi altro funzionario. Le funzioni di questo "clero repubblicano", come lo chiama l'autore, consistono nell'espletare dei compiti che normalmente non avrebbero nulla a che fare con la religione. Il sacerdote deve infatti predicare sui seguenti temi: "La condizione del paese secondo i dati forniti dai funzionari della posta, conformemente alle istruzioni del loro dipartimento" (326); "dare lettura delle leggi della repubblica"; "illustrare gli avvenimenti dei secoli antichi e degli antichi governi, mettendo in primo piano il valore della libertà, che deriva da un governo ben organizzato [...]"; "di tutte le arti e le scienze, un giorno di una, un giorno dell'altra, come ad esempio la fisica, la chirurgia, l'astrologia, l'astronomia, la navigazione, l'agricoltura e così via". E infine "possono di quando in quando parlare della natura umana, dei suoi aspetti oscuri e luminosi, della sua forza e debolezza, dell'amore e dell'odio [...]" (327).
Inoltre i sermoni possono essere tenuti, oltre che dai sacerdoti, da qualsiasi persona d'esperienza.
In tal modo Winstanley nutre il progetto di creare una classe che, con il nome di clero, si preoccupi di diffondere le tesi ufficiali e che in qualche modo abbia un ruolo educativo. Un immaginario interlocutore, "professore pieno di zelo ma ignorante", gli fa delle obiezioni, cui Winstanley risponde: "Conoscere i misteri della natura significa conoscere le opere di Dio, e conoscere le opere di Dio nella creazione vuol dire conoscere Dio stesso, in quanto Dio è presente in ogni opera e corpo visibile" (328).